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OLTRE LA FINANZA: I CASI D’USO DELLA BLOCKCHAIN

Dai Bitcoin all’industria agroalimentare, passando per l’IoT e gli Smart Contracts: un approfondimento sui possibili campi d’applicazione della tecnologia Blockchain.

OLTRE LA FINANZA: I CASI D’USO DELLA BLOCKCHAIN

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Definita come tecnologia disruptive – ovvero in grado di entrare prepotentemente nelle nostre vite in maniera indiretta – la Blockchain viene generalmente associata al mondo della finanza e delle criptovalute. In effetti, grazie anche al successo avuto dai Bitcoin, oggi è questo il suo ambito di applicazione più comune. Tuttavia, non tutti sanno che i possibili ambiti di applicazione di questa tecnologia sono pressoché infiniti. Diamo uno sguardo a quelli che in prospettiva risultano i più interessanti!

Finanza Decentralizzata
Questo settore, che dal 2019 ad oggi ha registrato un aumento del 300% per volumi bloccati (come visibile sul portale DeFi Pulse), costituisce l’ambito di applicazione probabilmente più conosciuto tra i crittologi di tutto il mondo. La finanza decentralizzata ha infatti offerto una soluzione alternativa agli investitori tradizionali in cerca di metodi efficaci per combattere l’inflazione causata dalla stampa obbligata-immoderata della Federal Reserve. Le piattaforme DeFi sviluppatesi finora hanno generato nuove strategie d’investimento passivo, come ad esempio lo staking di criptovalute, che consente all’utente di depositare e bloccare le proprie cripto tramite Smart Contracts per poi accumulare interessi giornalieri (APR) o annuali (APY) elevati. Anche il Lending & Borrowing ha trovato la sua giusta dimensione grazie alla nascita di un numero sempre maggiore di stablecoins – ovvero monete ancorate al prezzo di una valuta FIAT, per cui ad ogni coin viene associata una corrispettiva riserva in dollari dell’azienda. Questo sistema permette a chiunque di prendere prestiti basati su monete digitali stabilizzate dal mercato tradizionale, mettendo come collaterale una criptovaluta dal prezzo molto più volatile e altalenante. Ultima ma non meno importante è la nascita delle Liquidity Pool e dei Liquidity Providers, enfatizzata dal primo ROI (Return Over Investment) di YearnFinance. Le Liquidity Pools sono dei bacini di criptovalute in cui ogni utente mette a disposizione lo stesso quantitativo di due token (solitamente si usano token dal valore simile, per non incappare nell’impermanent loss), che potranno poi essere presi in prestito da altri utenti per le proprie operazioni. In questo caso, il detentore del deposito, oltre ad avere in cambio il token della piattaforma ospitante, andrà a fornire liquidità al mercato per guadagnare dalle fees generate nelle transazioni su quei token, dando luogo alla pratica comunemente chiamata farming.

Queste soluzioni rappresentano delle alternative ai canoni sempre più bassi e restrittivi forniti dalle banche e dagli enti finanziari in generale. Blockchain come Aave, Compound, Nexo, Celsius, YearnFinance, Uniswap (DEX), BlockFi – e molte altre – sono tutte specializzate in uno dei campi descritti sopra.

Agrifood
In un settore come quello agroalimentare, in cui occorre preservare la qualità del prodotto, un valore territoriale o un processo di lavorazione unico, le certificazioni rivestono un ruolo fondamentale. L’importanza dei protocolli Proof-of-Concept (dimostrazione di fattibilità) è cresciuta soprattutto in seguito al massiccio aumento di business che ha interessato il settore tra gli anni 2000 e 2017. Come evidenziato dalla World Bank, durante tale lasso di tempo il volume d’affari è infatti quasi raddoppiato, passando da 1,95 a ben 3,14 miliardi.
Date le sue caratteristiche intrinseche di sicurezza, trasparenza, validazione inattaccabile, immutabilità e rapida distribuzione dei dati, la tecnologia blockchain potrebbe giovare molto al settore agroalimentare, migliorando l’efficienza dei processi produttivi e mitigando gli sprechi alimentari (tracciando qualsiasi inutilizzo di risorse). Prendiamo ad esempio il mercato del Biologico: per potersi definire effettivamente biologico, un prodotto deve passare attraverso una filiera di produzione certificata e totalmente incontaminata. Tuttavia, quando questi processi sono gestiti da un singolo ente, è facile che la tracciabilità o i dati di un prodotto vengano falsificati. Ebbene, la blockchain permetterebbe di ovviare a questo problema: quando le dichiarazioni di tutti i componenti della filiera (contadino, trasportatori, commercianti, sensori ecc.) vengono inserite all’interno di una piattaforma decentralizzata, in cui i dati sono trasparenti, la blockchain è in grado di mettere in risalto qualsiasi incongruenza. A questo paradigma tecnologico va aggiunta la potenzialità dell’automazione derivata dagli Smart Contracts. Questi ultimi sono in sostanza dei programmi automatizzati dal carattere decisionale atomico che reagiscono ad un evento scatenante (trigger) avviando una reazione preimpostata, escludendo così qualsivoglia forma di errore, voluto o meno, generato dalla nefandezza umana. 

Il caso dell’Olio Coricelli e della IBM Food Trust
Un noto caso di blockchain applicata al settore agroalimentare è quello dell’Olio Coricelli. Oggi, grazie all’iniziativa dell’imprenditore Pietro Coricelli, l’intero processo produttivo di quest’olio a marchio italiano viene registrato sulla blockchain IBM Food Trust. Il processo di coltivazione, raccolta, trasporto, trattamento di lotti fallati e mantenimento delle olive viene quindi garantito dalle pratiche di archiviazione blockchain e dal suo protocollo di consenso. Oltre a Coricelli, recentemente anche Conad ha avviato un’iniziativa volta a promuovere la storia dei propri prodotti attraverso un’AI in grado di reperire informazioni sulla filiera produttiva e di raccontarne l’evoluzione.

Perché studiare la blockchain?
Finanza Decentralizzata, Agrifood, Internet of Things, Sharing Economy, Assicurazioni, Arte, Gaming, Notarile. I possibili ambiti d’impiego della blockchain non si fermano di certo qui, ed è bene scoprire come rendere ancora più efficiente l’utilizzo di questa tecnologia, soprattutto nel campo industriale, dove molti dei possibili lavori del futuro potrebbero essere già sostituiti da smart contracts, oracoli ed intelligenze artificiali.
Le competenze in ambito blockchain sono sempre più richieste dal mercato del lavoro. Iniziare ora, sebbene possa sembrare già troppo tardi, non lo è affatto, perché la blockchain sta ormai diventando quotidianità. Le insidie però sono ancora parecchie: molte aziende ad esempio non riescono ancora a comprendere appieno la differenza tra un normale database e una blockchain, e quando si rivolgono a consulenze, spesso i loro casi d’uso non sono congrui alla tecnologia che vogliono impiegare.

Ecco cosa serve:
Esaminando diversi annunci di lavoro, l’elenco delle competenze e dei requisiti più rilevanti sono senz’altro: 

  • Comprensione di algoritmi, sicurezza dei dati, tecnologie decentralizzate e strutture dati.
  • Un solido background nelle capacità di codifica, con almeno uno dei seguenti linguaggi di programmazione: Python, JavaScript, JAVA, C, C ++.
  • Comprensione generale di libri mastri, blockchain e criptovalute.
  • Competenza nella gestione delle prestazioni e rilevamento delle anomalie.
  • Almeno esperienza di base nella creazione di framework blockchain e applicazioni aziendali.

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